Analisi Videointervista a cura di Alessandro Monari
Parla Paolo Facchinelli un assistente sociale di Trento.
L’intervista si apre con una considerazione riguardo la sua predisposizione all’attaccamento agli ambienti sociali, all’aiuto e all’equità che deve governare i rapporti all’interno della società. Paolo ci comunica con fierezza che la sua famiglia, fin da quando era bambino, ha improntato la sua educazione sull’altruismo e anche per questa ragione è nato il suo interesse per il Servizio Sociale.
Dopo gli studi sociologici e lo sviluppo della passione per la politica e l’associazionismo diventa presidente della neocostituita Associazione Nazionale degli Assistenti Sociali e non solo: l’associazione culturale ‘Lorenza Del Marco’, di cui diventa capo, gli permette di frequentare ambienti utili alla sua formazione professionale. Il volontariato e le organizzazioni a cui prende parte durante il cammino verso la sua professionalizzazione aumentano la sua passione per l’assistenza; in questo modo Paolo dedica lavoro e tempo alle persone più bisognose raggiungendo l’obiettivo della sua vita: diventare un assistente sociale.
Grazie agli incarichi all’interno della Provincia, all’assistenza svolta in Val di sole e ad un’esperienza all’ufficio immigrazione Paolo ha potuto conoscere meglio il territorio nel quale operava durante un periodo di concreto sviluppo per la sua professione. L’assistenza ai minori e alle famiglie in difficoltà lo avvicinano ad una realtà nuova e ancora poco esplorata dalle organizzazioni di assistenza sociale, anche per il controllo che la politica aveva su di esse. La responsabilizzazione dell’assistente sociale che avviene durante gli anni ottanta, ci riferisce, ha permesso una maggiore diffusione di questa figura fornendo potere decisionale all’assistente per quanto riguardava casi di particolare difficoltà. L’intervistato comunica la sua passione per il lavoro tramite il modo in cui espone i ricordi inerenti alle esperienze e le attività svolte. La sua gestualità comunica tutta la dedizione per l’assistenzialismo e l’aiuto reciproco in cui crede profondamente fin dall’inizio della sua carriera.
‘Le esperienze mi hanno arricchito e mi servivano non solo per apprendere cose nuove ma anche sul lavoro perché molti progetti che realizzavo sul territorio della Val di Sole, ad esempio, traevano linfa da queste esperienze di studio e di conoscenza che la Provincia mi aveva dato l’opportunità di fare.’afferma Paolo.
La partecipazione e la vincita di concorsi pubblici permette all’intervistato di ricoprire cariche importanti all’interno dei servizi di Politiche Sociali Provinciali, il cui obiettivo era quello di attribuire maggiore importanza all’assistenza sociale istituzionalizzando la professione, di fornirgli un piano di risorse economiche e di ottenere educatori in vista della formazione di futuri assistenti sociali. Paolo ci riferisce che ricoprire incarichi all’interno di istituzioni che potessero controllare la giusta diffusione della professione, eliminando la stigmatizzazione di quest’ultima, gli ha permesso di vivere il vero e proprio cambiamento del Servizio Sociale e di trarre da questo la sicurezza che oggi lo caratterizza.
Spesso ci si limita a considerare l’assistente sociale come un’unica figura malvista e poco rappresentata ,ma grazie alle organizzazioni di cui anche Paolo faceva parte si riuscì nell’intento di fornire una rappresentazione istituzionale, un’amministrazione e una vera e propria dirigenza che tutelava gli assistenti sociali come tutti gli altri lavoratori.
Le parole di Paolo ci permettono di comprendere che il periodo in cui entra a fare parte del mondo lavorativo, fortunatamente, era reduce dai cambiamenti degli ultimi anni del 1970, ed il lavoro di assistente sociale era diventato una mansione interessante, stimolante e coinvolta anche nelle tematiche più delicate. L’assistente sociale aveva la possibilità di esprimersi e di creare servizi alla persona come l’assistenza domiciliare per gli anziani, in precedenza, e per le famiglie bisognose con minori a carico, più tardi. Il periodo che accompagna il Signor Facchinelli all’interno della sua carriera professionale sembra essere caratterizzato dalla possibilità di contare sulla trasparenza tra stato e assistenza sociale, sulla sperimentazione concreta della professione che ogni assistente poteva fare e sull’assistenzialismo domiciliare promosso dagli assistenti sociali che dava un nuovo volto alla sicurezza, all’assistenza e all’aiuto reciproco.
Il legame tra politica e Servizio Sociale secondo Paolo Facchinelli
Alla domanda riguardante l’intreccio tra politica e servizi d’assistenza Paolo risponde con serenità ribadendo alcune lacune che esistono e persistono ancora oggi nel rapporto tra stato e assistenza sociale. L’intervistato sottolinea dal principio che la politica è parte integrante dei servizi sociali , poiché il legame che esiste con le istituzioni permette di creare un piano d’azione sul campo e attuare interventi necessari prendendo in considerazione anche le risorse sociali della persona assistita. Il Signor Facchinelli ci comunica che oltre alla collaborazione formale tra le parti sopra citate, sarebbe importante che la politica comprendesse il vero ruolo dell’assistente sociale e la sua attività sul territorio. Il problema che deve essere risolto dall’assistente non dovrebbe essere conosciuto solo da quest’ultimo ma approfondito anche dall’istituzione che, senza dubbio, deve occuparsi dell’aspetto burocratico (che spesso rallenta le operazioni di intervento). Allo stesso modo la politica dovrebbe essere a conoscenza della criticità e dell’umanità che caratterizzano le situazioni su cui l’operatore di assistenza deve agire. Il lavoro d’équipe che si costruisce dietro all’intervento per un caso di difficoltà famigliare o personale che sia è vasto e complicato. Spesso la presenza della politica non permette un’analisi oggettiva della situazione, rinviando una decisione che potrebbe risultare importante se presa immediatamente. La burocrazia e le istituzioni nella maggior parte dei casi non prendono in considerazione aspetti umani e morali che potrebbero, se valorizzati, aiutare nella risoluzione di una situazione disadattiva; questa è la principale motivazione dell’attrito che spesso è presente tra politica ed enti d’assistenza.
La collaborazione tra istituzioni e servizio sociale è di estrema importanza per la riuscita dei programmi d’intervento proposti dall’organizzazione d’assistenza coinvolta nel caso, ma il loro rapporto potrebbe essere migliorato introducendo più dialogo riguardo al lavoro attuato dall’assistente sociale.
L’intervista prosegue attraverso un excursus di Paolo su alcune delle leggi approvate e applicate dalla politica in ambito assistenziale.
La legge 35 del 1983 ad esempio mirava ad incentivare gli interventi rivolti a prevenire o rimuovere l’emarginazione giovanile ed il reinserimento nella società dei giovani in situazioni di tossicodipendenza o alcolismo, che potevano portare ad una realtà non adattiva alla partecipazione sociale. La riforma di legge 13 del 2007 aveva l’obiettivo di promuovere la centralità della famiglia, l’emancipazione di coloro che si trovavano in stato di bisogno, aumentare la prevenzione di disagio sociale promuovendo la permanenza al domicilio e l’aiuto diretto ed immediato all’assistito.
Queste ed altre leggi applicate all’assistenza sociale hanno permesso a Paolo, durante il suo percorso lavorativo, di comprendere che le leggi e le riforme ideate dalla politica, che sulla carta potrebbero sembrare d’aiuto, negli anni possano essere state soverchiate da una mancanza di organizzazione e di comunicazione tra ente e politica stessa. Gli interventi legislativi e organizzativi che ha attuato lo stato durante gli anni di attività lavorativa dell’intervistato hanno portato a grandi conquiste e alla creazione di enormi falle di sistema nelle quali spesso si perde l’obiettivo principale che muove le azioni di intervento sociale. Il decentramento dell’attività di assistenza attraverso la diffusione sul territorio provinciale, la diminuzione dei comprensori e la crescita degli interventi domiciliari; tanto quanto le politiche economiche e finanziarie che permettono una maggiore operatività dell’assistenza sociale hanno incentivato concretamente il lavoro, sminuendo spesso il compito e l’impegno rivolto alla persona.
Il lungo racconto di Paolo tra riforme, cambiamenti e specifiche attività di rinforzo attuate dalla politica che controlla l’attività del servizio sociale è accompagnato da una gestualità che fa emergere il parere dicotomico dell’intervistato. Le risate che scandiscono gli interventi unite all’approfondita descrizione politico-economica del servizio sociale traspaiono un senso di amara fierezza che contraddistingue il suo giudizio riguardo al rapporto tra istituzioni e servizi sociali.
Le cariche che ha ricoperto durante la sua vita lavorativa, ci spiega, hanno concesso un maggiore ascolto delle sue idee e dei progetti pensati per una diffusione della sicurezza sociale. La centralità che aveva all’interno delle politiche sociali gli permette oggi di riferire che: la mancanza di collaborazione e la sempre maggiore necessità di disciplinare ogni azione rendono il lavoro dell’assistente più difficile e macchinoso venendo meno ai veri bisogni della persona assistita. Spostare il ‘focus’ sull’organizzazione pratica, economica e politica dei servizi sociali è utile se insieme a queste ultime viene ricordata la centralità dell’individuo a cui si offre il servizio.
Le istituzioni che hanno il potere di controllare l’operato dell’assistenza sociale devono assicurarsi, secondo Paolo, di integrare il loro lavoro e di non sovrastarlo cercando di promuovere una maggiore cooperazione. Concludendo il discorso riguardo il legame tra politica e servizio sociale l’intervistato si propone di dare un consiglio al politico di oggi ricongiungendosi al principio del suo discorso riguardo questo tema:
‘Per poter fare interventi che siano risolutivi e quindi emancipanti devono essere considerati il lavoro, la formazione, il territorio, l’ambiente e la persona… il sociale interseca tutti questi settori […] Quindi consiglierei al politico di diventare veramente alleato del sociale attraverso proprio il calarsi dentro fino in fondo.’ afferma.
Un messaggio di grande umanità e passione per la professione svolta è quello comunicato da Paolo durante un discorso rivolto ai futuri assistenti sociali.
Il coraggio, la motivazione e la passione per l’altruismo sono le principali caratteristiche che un assistente sociale deve avere. L’Assistenza Sociale è una professione molto dibattuta, spesso svalutata e per questa ragione, secondo Paolo, chi intraprende questa strada deve essere pronto a difenderla dimostrandone il valore. La stereotipizzazione e lo stigma sociale affibbiato alla figura dell’assistente deve essere combattuta in primis dagli assistenti che difendono la loro professione comunicando i valori che ne risiedono alla base. Infine il cambiamento; l’innovazione deve essere un altro obiettivo del futuro assistente sociale, dice. Il cambiamento sociale è spinto ed incentivato da chi conosce perfettamente la società e nessuno più dell’assistente che ne promuove la sicurezza al suo interno può esserne partecipe.
La dedizione del Signor Facchinelli emerge ancora una volta dal ricordo del periodo lavorativo in Val di Sole che riporta con fierezza e un velato senso di commozione.
Comprendiamo che la Val di Sole è un luogo importante ed identificativo della sua persona. In quella valle risiedono ricordi d’infanzia che si protraggono fino a diventare ricordi lavorativi e di collaborazione tra assistenti ma soprattutto tra persone, tra aiutanti ed individui bisognosi.
Le parole accompagnate dall’ilarità caratteristica dell’intervistato ci comunicano che il suo lavoro è sempre stato all’insegna della comprensione dell’altro, della voglia di organizzazione ed innovazione con il fine di giovare all’assistito e all’assistente.
In conclusione capiamo che la sua personalità all’interno delle politiche sociali ha spiccato per le grandi doti in campo assistenziale ma soprattutto per la sua grande umanità; un esempio di perfetto connubio tra realtà lavorativa e personale.