La fondatrice del lavoro sociale austriaco di Bruno Bortoli – Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
Ilse Arlt (Vienna, 1° maggio 1876 25 gennaio 1960)
La figura di Ilse Arlt è all’origine del lavoro sociale austriaco e ne accompagna lo sviluppo per un lungo tratto del Novecento. Il suo contributo scientifico e professionale — un originale approccio al servizio sociale analogo a quello di Alice Salomon in Germania e di Mary Richmond negli Stati Uniti (Bortoli, 2006) — la pone al centro di quel movimento accademico e politico che favorì lo sviluppo della socialdemocrazia austriaca e del suo modello di politica sociale, soprattutto nella «rossa Vienna», volto alla costruzione del moderno stato sociale. All’inizio del Novecento, Ilse Arlt aveva impostato le coordinate concettuali per una scienza dell’aiuto sociale, dove sorprendentemente — alcune decine di anni prima di Maslow — individuava precisi fondamenti per una teoria dei bisogni orientata alle fasi di sviluppo dell’uomo e alle situazioni di difficoltà derivanti da perdita del lavoro, povertà, malattia, disabilità e via dicendo.
La vita
Secondogenita, unica femmina su quattro figli, nasce in una famiglia della buona borghesia austriaca. Scontando la sua condizione di figlia femmina, poté usufruire soltanto dell’istruzione materna e, di risulta, di quella assicurata ai fratelli maschi da un precettore privato. Da autodidatta riuscì comunque a costruirsi una cultura che le permise di seguire dei corsi universitari, ai quali, formalmente, non poteva accedere in quanto donna e senza un titolo di scuola superiore. Questa situazione ha molte analogie con quella di altre donne della sua epoca, in particolare di Alice Salomon (Bortoli, 2006), con cui Ilse condividerà la ricerca di uno statuto scientifico dell’attività assistenziale e l’aspirazione alla professionalizzazione dei suoi addetti.
A 17 anni si trasferisce con la famiglia a Graz, nella Stiria. Presso l’amministrazione di questa regione Ilse trova lavoro come aiutante di un pioniere della statistica,
Ernst Mischler (1857-1912), chiamato a dirigere il nuovo ufficio statistico del Land. Nel 1901 prepara una relazione sul problema delle abitazioni. Il testo viene molto apprezzato dall’amministrazione e contribuisce al consolidamento scientifico del suo sensibile impegno sociale. L’economia e le scienze sociali erano ancora ai primi passi, soprattutto in raffronto agli enormi progressi che contemporaneamente stavano maturando nel campo tecnologico. La mancanza di conoscenze basilari nell’ambito socio-economico e la disponibilità di pochi dati grezzi era motivo di stupore per la giovane Ilse, «sebbene da qui dipendesse il benessere degli uomini» (cit. in Staud Bernasconi, 2002, p. 25). Un altro contributo per l’ufficio di Graz fu una ricerca sul lavoro notturno delle donne. L’indagine costituisce l’avvio del suo agire scientifico e professionale che, da allora in poi, si muoverà parallelamente sul binario della ricerca sociale e su quello della divulgazione e della formazione.
Ritornata a Vienna nel 1902, fino al 1904 frequenta le lezioni di Eugen Philippovich (1858-1917), economista, predecessore di Max Weber alla cattedra di economia dell’università di Friburgo. Nel 1910 è invitata al Congresso internazionale di beneficenza di Copenhagen, dove presenta una relazione nella quale si dice convinta della necessità di una preparazione professionale per gli addetti al settore assistenziale, sostenendo che altrimenti sarebbero stati possibili solo «il dilettantismo o la genialità che, peraltro, si presenta solo in rari e specifici casi» (Frey, 2005, p. 12). Per la sua competenza e il suo impegno le viene proposto di diventare la prima ispettrice del lavoro femminile dell’Austria-Ungheria, ma a malincuore deve declinare l’offerta, per problemi di salute.
Nel 1912 fonda a Vienna i Vereinigte Fachkurse für Volkspflege, letteralmente Corsi professionali unificati per l’assistenza popolare: si tratta della prima scuola di servizio sociale dell’Austria-Ungheria. Uno staff di docenti universitari e di medici, per la maggior parte suoi colleghi e appartenenti alla sua cerchia di amici, assicurano la formazione prestando gratuitamente la loro opera. Fin dall’inizio, Ilse Arlt concepisce la propria istituzione formativa non solo come luogo di istruzione, ma anche come istituto di ricerca per raccogliere e analizzare dati utili alla politica sociale. In seguito, vorrà collegare alla scuola anche un museo di assistenza ed economia domestica e lavorerà a predisporre un glossario dell’assistenza in dieci lingue, per contribuire alla concettualizzazione e alla redazione di un vero e proprio «dizionario del sociale».
Il metodo didattico prevedeva una costante attività di ricerca, che le studentesse dovevano avviare autonomamente, volta all’individuazione dei bisogni e alla sperimentazione di soluzioni. A fianco dell’attività di ricerca, si ricordano originali lavori seminariali (ad esempio, uno sulle tematiche assistenziali presenti nell’ Odissea di Omero) oppure una ricca raccolta di fotografie, disegni, studi, documenti storici e ritagli di giornale di ogni epoca e Paese, inerenti il tema delle culle dei bambini.
Mettendo assieme il materiale derivante dai suoi studi e dalla sua esperienza didattica, Ilse Arlt pubblicò i primi manuali austriaci per operatori sociali: Die Grundlagen der Fürsorge (1921) e, per l’organizzazione dell’intervento di aiuto, Die Gestaltung der Hilfe (1923).
Nel 1928 prese parte alla Première Conférence Internationale du Service Social di Parigi dove, nella sessione relativa all’insegnamento del servizio sociale presieduta da Alice Salomon, illustrò il percorso di formazione da lei inaugurato in Austria sedici anni prima e i presupposti teorici dai quali muoveva. Presentò inoltre una relazione, pubblicata fra gli allegati, in cui illustrava le basi dell’approccio scientifico da lei ideato.
L’annessione dell’Austria al Reich nazista, nel 1938, portò alla persecuzione di Ilse Arlt. Il suo impegno sociale e la sua origine ebraica per parte di madre furono le cause principali della sua rimozione dagli incarichi accademici. La scuola per operatori sociali venne chiusa, i suoi beni confiscati, le raccolte del museo sociale furono distrutte assieme a tutti i suoi scritti.
Alla fine della guerra, nel 1946, la scuola poté riaprire nuovamente i battenti sotto la direzione della Arlt, ma solo per tre anni. Gravi difficoltà finanziarie e gli acciacchi dell’età la costrinsero, nel 1950, a ritirarsi dall’attività formativa.
Nel 1958, a ottantadue anni, pubblicò Wegezu einer Fursorgewissenschaft, la sua proposta metodologica per una scienza dell’assistenza, che contiene una ripresa e un aggiornamento dei temi che avevano formato le pubblicazioni del 1921 e del 1923. Si spense a Vienna due anni più tardi, quasi ottantaquattrenne, in conseguenza di un incidente stradale.
Povertà, bisogni, benessere
Nel mio lavoro assistenziale mi sono sforzata, in primo luogo, di scoprire e di formulare le leggi della povertà. È su queste che ho edificato il metodo d’insegnamento che deve rendere gli studenti capaci di seguire questa via scientifica. Si dovrà fare ricorso allo stesso procedimento ogni volta che si vorrà fare affidamento, per la teoria, su dati empirici che restano oggi quasi inutilizzati. (Arlt, 1929a, p. 39)
Ilse Arlt approfondì la riflessione del passato sulle teorie della povertà, che storicamente rappresentano la categoria centrale di ogni concezione dell’assistenza. A suo parere, qualsiasi operatore di assistenza deve sapere che la soddisfazione di un bisogno dipende da tre fattori: «la disponibilità di tempo, di risorse e della capacità di comprendere la propria situazione» (Staub-Bernasconi, 2002, p. 31). Per ogni caso, in relazione a ogni bisogno, l’operatore dovrà quindi esaminare quale di questi tre fattori offra il punto di partenza per il processo di aiuto, tenendo presente che tali fattori possono variamente combinarsi fra loro.
Per quanto concerne la tipologia dei bisogni, Ilse Arlt analizza criticamente il concetto di povertà. La povertà è assenza di qualcosa e questa formulazione al negativo non è operativamente utile. Occorre invece riferirsi al concetto positivo opposto, quello di benessere, che permette di quantificare gli stati di bisogno. Se verifichiamo su quale base poggi il benessere, troviamo tredici bisogni fondamentali che è necessario soddisfare:
L’alimentazione, l’alloggio, il vestiario, la cura della persona, il tempo libero, l’aerazione [delle abitazioni], l’educazione, la cultura, la tutela legale, la vita familiare, le cure mediche e sanitarie, la prevenzione degli infortuni e il primo soccorso, la formazione professionale. (Arlt, 1929b, p. 318)
Per ognuno di essi — dice la Arlt — si può fissare in maniera generale un limite minimo di soddisfazione che risulti socialmente accettabile. Ad esempio, l’espressione «sottoalimentazione» coniata in Inghilterra all’inizio del Novecento è appuntoun termine che implica un punto limite. Analogamente si possono porre altri dodici punti limite, corrispondenti agli altri bisogni. Così, l’operatore sociale ricerca per ogni caso in quale misura la soddisfazione di ciascun bisogno resta al di sotto del normale, cioè valuta la distanza che separa lo stato osservato dalla soddisfazione normale. In tal modo può ottenere una visione completa e chiara della situazione e dei rimedi. Ciò si traduce in una diminuzione di spese per l’assistenza perché, nella maggioranza dei casi, si tratterà di aggiungere ciò che manca per arrivare alla norma.
La classificazione della Arlt ha il vantaggio di cogliere l’immensa varietà e diversificazione degli stati di bisogno.
Per esempio, una abitazione può essere umida, o maltenuta, o senza luce, senza aerazione, sovraffollata, rumorosa, impossibile da riscaldare, sprovvista dei mezzi per cucinare, senza acqua; le sue pareti possono essere coperte di muffa, le porte e le finestre possono essere malandate, può essere sovrariscaldata da camini che passano nei muri, può essere esposta a odori insopportabili, può risultare distante da ogni possibilità di lavoro, può essere impossibile da chiudere a chiave: tutto questo significa «insufficienza della soddisfazione del bisogno di alloggio». (Arlt, 1929b, p. 319)
Preparare gli operatori
I metodi fondamentali della scuola fondata da Ilse Arlt nell’ottobre 1912 sono rimasti sostanzialmente gli stessi anche negli anni successivi. L’idea centrale, vale a dire la creazione della figura professionale dell’assistente sociale, era stata salutata nella maniera più calorosa al Congresso internazionale d’assistenza pubblica e privata tenuto a Copenhagen nel 1910. La principale difficoltà era fare in modo che l’insegnamento si distinguesse da tutti gli altri: non si trattava di dare una forma facilmente assimilabile a nozioni scientifiche acquisite, ma di costituire interamente la materia stessa dell’insegnamento, dato che «la scienza della povertà» non esisteva ancora. Gli unici elementi scientifici che si potevano insegnare in questo ambito venivano presi a prestito dalle discipline connesse: l’igiene, la pedagogia, il diritto. Ciò che occorreva creare era quindi:
Queste indicazioni mostrano chiaramente la preferenza della Arlt per un insegnamento generalista e unitario (ripreso anche nella intitolazione della scuola):
Assumendo come fine lo sviluppo normale dell’uomo, consideriamo tutte le cause e tutte le conseguenze della povertà come disturbi del corso regolare della vita: l’insegnamento generalista offre numerosi vantaggi, dato che cerca di agire in relazione a tutti questi fattori. (Arlt, 1929a, p. 42)
Con una preparazione generalista, l’operatore riesce a far fronte alla complessità delle situazioni e può meglio aiutare i suoi assistiti, riuscendo a penetrare chiaramente tutti gli aspetti del problema. Inoltre, se l’operatore ha ricevuto una formazione diversificata, sarà in grado di dispiegare un’attività educativa e preventiva di notevole portata, che potrà favorire negli assistiti la comprensione della propria situazione. Inoltre, l’operatore sarà in condizione di cambiare ambito di attività, nel corso della sua carriera, a seconda delle necessità sociali prevalenti, della legislazione, delle proprie circostanze di vita. D’altra parte, alcuni compiti esigono operatori giovani, altri più maturi e molti contesti di lavoro sociale usurano a tal punto le forze fisiche e spirituali che, dopo qualche anno, un cambiamento di attività diventa necessario.
Nella prima repubblica le benemerenze sociali valsero alla Arlt il titolo di «consigliere federale dell’assistenza»; nella seconda repubblica ottenne, nel 1955, il Dr.-Karl-Renner Forschungspreis: un riconoscimento che la città di Vienna assegna, in ricordo dell’eminente accademico e statista austriaco, a quei cittadini o quelle istituzioni che in ambito culturale, sociale o economico hanno acquisito rinomanza nazionale o internazionale. Ciò non toglie che la sua figura e il suo insegnamento siano finiti rapidamente nell’oblio, per riemergere solo di recente grazie alla riscoperta di alcuni temi centrali della sua riflessione e della sua pratica: l’orientamento alle risorse e all’empowerment, la prevenzione e la partecipazione, il centrarsi sul benessere invece che sul disagio. Tutti temi cruciali nell’interpretazione contemporanea del lavoro sociale.
Bibliografìa
Arlt I. (1929a), L’enseignement du service socialen Autriche, in Première Conférence internationale du Service Social, Paris, 8-13 juillet 1928, vol. II, Paris, 1929, pp. 39-43.
Arlt I. (1929b), La standardisation du service social des cas individuels, in Première Conférence internationale du Service Social, Paris, 8-13 juillet 1928, vol. II, Paris, pp. 318-324.
Bortoli B. (2006), Igiganti del lavoro sociale. Grandi donne (e grandi uomini) nella storia del Welfare, Trento, Erickson.
Frey C. (2005), Respekt vor der Kreativität der Menschen Ilse Arlt: Werk und Wirkung, Opladen, Verlag Barbara Budrich.
Landesstatistik Steiermark (2003), 11Ü Jahre Landesstatistik Steiermark Geschichte, Geschick und Gegenwart, Helft 8/2003, Graz.
Staub-Bernasconi S. (2002), Ilse Arlt: Lebensfreude dank einer wissenschaftsbasierten Bedürfniskunde. Aktualität und Brisanz einer fast vergessenen Theoretikerin. In S. Hering e B. Waaldijk (a cura di), Die Geschichte der Sozialen Arbeit in Europa (19ÜÜ-196Ü), Opladen, Leske Budrich, pp. 25-33.
Fonte: La rivista del lavoro sociale, Voi. 7, n. 2, (set. 2007), p. 269-274