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Henri Rollet

Il giudice amico dei bambini di Bruno Bortoli – Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

Henri Rollet (Parigi, 13 febbraio 1860 27 dicembre 1934)

 

A partire dalla metà del Diciannovesimo secolo, sotto l’influenza delle società caritatevoli e filantropiche, anche la giustizia comincia a interessarsi del minore. È il frutto dell’inquietudine sociale relativa alle condizioni di vita delle classi più povere, nelle quali la miseria delle famiglie diventa eclatante e portatrice dei germi del disordine e della degenerazione sociale.

L’attenzione delle scienze sociali verso la biologia favorisce la filantropia scientifica con i suoi progetti sociali che uniscono la prevenzione delle devastanti piaghe sanitarie, come la tubercolosi e le malattie veneree, con quelle sociali. Così l’insalubrità dell’habitat, l’immoralità del modo di vivere (unioni libere, libertinaggio, madri nubili o abbandonate, violenza domestica), l’alcolismo, le malattie e le cattive frequentazioni abituali dei quartieri operai, la fatica avvilente del lavoro in fabbrica, la debolezza dell’istruzione vengono posti al centro dell’attenzione di progetti benefici ma anche, in misura crescente, di misure legislative e amministrative.

All’interno di questo contesto, l’attenzione particolare rivolta all’infanzia è giustificata dalla non colpevolezza di questa parte della società rispetto alle miserie che la annientano, nonché dal facilmente comprensibile vantaggio di agire su questa fascia di popolazione per favorire l’avvento di generazioni più sane e robuste, sia dal punto di vista sanitario che da quello morale.

All’interno di questo movimento, un ruolo centrale è svolto da Henri Rollet, giurista e filantropo francese: «il buon giudice». Fondatore di associazioni per la protezione dei minori in difficoltà, amministratore di una sua associazione, il Patronage de l’enfance et de l’adolescence, promotore del servizio sociale nell’ambito giudiziario minorile, Rollet partecipa a tutte le azioni, a tutti i congressi nazionali e internazionali, a tutti i dibattiti sulla tutela dell’infanzia. In primo piano nelle campagne per l’adozione di provvedimenti legislativi come quello relativo alla giustizia minorile del 1912, patrocinato da un importante convegno internazionale nel 1911, è autore dei regolamenti applicativi e, quindi, giudice per quindici anni nella sede parigina. Quattro anni prima della sua morte, diventerà il presidente onorario dell’Associazione internazionale dei giudici dei minori, fondata a Bruxelles nel 1930.

 

Avvocato alle prime armi

Henri Rollet era nato nel nord della Francia, a Soissons, il 23 febbraio 1860, da una famiglia originaria della Yonne. Il padre Charles Edmond Félix Rollet ( 1830-1913), militare di carriera, aveva combattuto a Sebastopoli, in Italia, Germania e in Africa fino a essere nominato generale di divisione. Nel 1856 aveva sposato la cugina Aline Julienne Caroline Rollet.

Henri era desideroso di seguire le orme paterne ma, dopo essere stato ammesso all’accademia militare di Saint-Cyr, nel 1879 fu riformato per problemi di vista. Deluso, pensò di iscriversi a medicina e chirurgia, ma gli fecero notare che avrebbe «operato tutto di traverso» — come ricordava scherzosamente all’inviato di «Foi et Vie» (Draussin, 1910). Si rassegnò allora agli studi di diritto. Senza entusiasmo preparò i suoi esami, li superò, e nel 1886 divenne avvocato.

Vi è un episodio, narrato da Rollet a un giornalista1 che lo intervistava nel 1929, indicativo dello sviluppo logico assunto dalle azioni che egli condurrà nei cinquant’anni successivi, sotto diverse forme.

È la sua prima causa, che gli viene affidata d’ufficio. La sua cliente è una ragazzina, mingherlina e triste, fermata sulla strada mentre si prostituiva. La ragazzina tra i due gendarmi è una figura che Henri non dimenticherà più.

«Avvocato» gli dice il Presidente «a lei la parola!».

«E cosa devo dire? Il fascicolo è vuoto. Chi è questa bambina? Da dove viene? Perché si prostituiva? Né lei né io sappiamo alcunché».

Il presidente, con fare paterno di fronte a tanta inesperienza, lo richiama blandamente: «È la procedura ordinaria in caso di flagranza di reato, avvocato. Dal momento che i fatti sono evidenti, non vorrà che per una simile bazzecola si stia lì a compilare carte su carte».

L’avvocato Rollet non è d’accordo. Non si possono giudicare fatti di questo tipo senza che se ne conoscano le cause sociali. Sollecita un rinvio della causa e l’ottiene unicamente perché è d’uso che il tribunale si mostri accomodante di fronte a un avvocato alle prime armi.

Otto giorni dopo il difensore presenta alla corte un dossier completo. Si è incaricato lui stesso dell’inchiesta e porta le prove che la cliente attirava i clienti all’angolo della strada per ordine della madre. Le sere nelle quali i guadagni non sembravano sufficienti la bambina veniva picchiata a sangue.

«Adesso» dice Rollet «se deciderete di inviare la mia cliente in prigione lo potrete fare con cognizione di causa». Il filantropo sotto la toga, così, si fece conoscere molto presto. Nel 1887, allorquando Jules Simon2 fondò l’Association pour le Sauvetage de l’Enfance, Rollet ne fu nominato segretario.

 

Il filantropo sotto la toga

Nel maggio del 1890, prima di partire per il Congresso penitenziario internazionale di San Pietroburgo (inviato dal Ministero dell’Interno), prese l’iniziativa di fondare il Comitato di difesa dei minori tradotti in giustizia, una sorta di comitato di studio che consolidasse le conquiste ottenute dopo tre anni di sforzi, vale a dire:

  • soppressione della procedura prevista per i minori colti in flagranza di reato;
  • assistenza di un avvocato difensore;
  • assimilazione delle prostitute ai vagabondi, al fine di garantire loro protezione;
  • concentrazione in una sola camera penale di tutte le cause concernenti i reati dei minori.

È curiosa la storia di questo Comitato, che fu realizzato «fra le pieghe» dell’organizzazione del Tribunale dopo avere ottenuto l’appoggio dei suoi membri più influenti e senza chiedere un’investitura formale, per paura di lungaggini, o peggio, di stroncature.

Ma questo fu solo il primo passo: nel luglio del 1890, ritornato entusiasta da San Pietroburgo, Rollet pensa sia giunto il momento di occuparsi dei minori tra i 12 e i 18 anni i cui genitori non erano decaduti dalla potestà paterna e che non entravano nel quadro di attività delle altre associazioni di beneficenza. Fonda dunque il Patronage de l’enfance et de l’adolescence, necessario per aiutare la tutela e l’affidamento dei ragazzi a rischio. Non si trattava di fare concorrenza agli altri due organismi, ma piuttosto di completarne l’attività. Mentre il Comitato si occupava di regolare la procedura da seguire nei confronti dei minori arrestati, migliorare la loro sorte in prigione, preparare delle riforme a loro favore, il Sauvetage avrebbe continuato a raccogliere soprattutto i bambini più piccoli, maltrattati, abbandonati materialmente o moralmente e i cui genitori erano stati destituiti dei loro diritti in applicazione della legge del 24 luglio 1889 (della quale Rollet era stato l’ispiratore e che permetteva di separare il figlio dai genitori qualora questi ultimi fossero stati riconosciuti «indegni»).

Il Patronato di Rollet, invece, si sarebbe occupato dei ragazzi più grandi, a rischio: minori che arrivavano dalla provincia senza risorse né appoggi, o indotti all’accattonaggio dalla malattia, dalla disabilità, dalla pigrizia dei genitori, oppure orfani, e molti altri ancora. «Potremmo moltiplicare gli esempi» diceva il programma del 1890 «poiché le cause suscettibili di condurre alla caduta morale di un minore sono innumerevoli».

In un’opera pubblicata nel 1891 in collaborazione con il giornalista Guy Tomel, Les enfants en prison, si elevava con forza e argomentazioni contro la teoria del criminale nato di Lombroso, affermando che «l’antropologia criminale non ha ancora stabilito in modo rigoroso l’esistenza di segni fisici comuni a tutti i minori criminali», «la pretesa predestinazione al crimine non esclude la possibilità del recupero grazie all’ambiente e all’educazione» e in ogni caso «la predestinazione al crimine, qualora sia anche stabilita in via teorica, dal punto di vista dell’interesse sociale attuale non dovrebbe essere ammessa nella pratica delle leggi e dei regolamenti penali» (Rollet e Tomel, 1891, pp. 248-249).

 

La forza di chi non dispera

Il 21 dicembre 1891 sposa la ventenne Marie Renéè Janet. Da lei avrà due figli: Jean nato nel 1893 e Germaine nata nel 1895. Purtroppo, moriranno ambedue prematuramente: Germaine a tre anni e mezzo a causa di una meningite tubercolosa e Jean a otto anni, sempre a causa della tubercolosi.

Gli affezionati collaboratori delle sue istituzioni non riuscivano a capacitarsi della forza e della serenità con la quale reagiva alle disgrazie familiari (pure la moglie morirà prematuramente nel 1918, a 47 anni, sempre di tubercolosi), come anche alle disavventure e perenni penurie di risorse per le sue istituzioni: «la forza di chi non dispera mai è irresistibile» (Talbert, 1935, p. 6).

Assieme al senatore Bérenger3 elabora la legge del 19 aprile 1898, che tratta dei delitti commessi dai minori o sui minori. In base ad essa, i magistrati possono affidare a una persona, o a un’istituzione, o all’assistenza pubblica ogni minore in difficoltà: lo scopo è quello di evitare la detenzione o il riformatorio. Sarà la base sulla quale, qualche anno dopo, si sperimenterà il sistema della «libertà sorvegliata», grazie al successo ottenuto dalla conferenza sui tribunali per i minori negli Stati Uniti, tenuta da Edouard Julhiet4, il 6 febbraio 1906, al Musée Social. Invece di inviarli nei riformatori, i minori vengono affidati dai tribunali a società di patronato, lasciandoli presso le loro famiglie.

Nel 1909 lui e la moglie prendono in affidamento tre fratelli rispettivamente di 7, 5 e 3 anni: Robert, Georges e André. Saranno tutti e tre dei brillanti universitari.

 

Giudici e probation officers

Dopo più di trent’anni di avvocatura, nel marzo 1914, Henri Rollet accetta la nomina a giudice del Tribunale per i minorenni di Parigi (negli anni della guerra ne sarà anche presidente), dopo l’approvazione della legge del 1912 che fissava l’età della responsabilità penale a 13 anni e istituiva la giustizia minorile, da lui ispirata. Questa legge prevede la creazione di una giurisdizione specializzata — il Tribunale per i minorenni — e di una procedura particolare che esclude, ad esempio, il giudizio in flagranza di reato. Durante l’istruttoria la personalità del minore deve divenire oggetto di un’inchiesta. La libertà sorvegliata diventa una misura adottata ufficialmente.

Tuttavia, questa legge non verrà mai completamente applicata, soprattutto al di fuori della capitale, essenzialmente per mancanza di risorse: in realtà, il regime esistente negli istituti penitenziari e correzionali rimase praticamente immutato.

La fonte di ispirazione «obbligata» era la legislazione in materia vigente negli Stati Uniti, dalla quale Rollet aveva anche ricavato il principio della libertà sorvegliata, attuata in maniera sperimentale a Parigi, come si è detto, fin dal 1907, nella circoscrizione territoriale del Tribunale della Senna.

In particolare, era nota l’opera del giudice Benjamin Barr Lindsey5, del Colorado, basata sull’idea che i minori accusati di reato non dovevano essere trattati come degli adulti. Per la maggioranza dei bambini e dei ragazzi la causa della devianza era da far risalire alla mancanza di educazione e di guida. Il Tribunale per i minori non doveva quindi essere considerato come una corte penale, ma soprattutto come un’istituzione di assistenza alla gioventù e di educazione nazionale. Il provvedimento più apprezzato di questa esperienza era — appunto — la «libertà sorvegliata» o «messa alla prova», con la quale si definiva la decisione di lasciare il minore, riconosciuto responsabile dei fatti a lui addebitati, presso la sua famiglia, anziché in qualche istituzione penitenziaria, sotto la costante sorveglianza della stessa corte, che allo scopo si avvaleva di funzionari e di volontari.

La probatìon ha vissuto un rapido sviluppo nel periodo a cavallo tra Otto e Novecento, grazie al comune impegno da parte di numerosi esponenti di vari ambiti disciplinari per dare una seconda opportunità ai ragazzi che si trovavano all’inizio di una carriera criminale. Il movimento viene collegato alle esigenze umanitarie, alla sempre minore fiducia nel potere deterrente dei tradizionali strumenti di repressione, quali le prigioni, al crescente sviluppo della devianza minorile nonché all’ottimismo nei riguardi di scienze in ascesa quali la psichiatria e la criminologia.

Tuttavia, almeno negli Stati Uniti, il tutto veniva gestito con molto pragmatismo e ogni giudice minorile (spesso di nomina elettiva) si costruiva un proprio schema di comportamento. Molti di loro si basavano sulla distinzione tra bambini vivaci, bambini che avevano commesso reati perché incapaci di resistere alla tentazione, bambini che avevano commesso reati a causa dell’ambiente e delle cattive compagnie, bambini che avevano commesso reati per negligenza o incapacità parentale, bambini con tendenze criminali, bambini vagabondi, bambini disordinati e ingovernabili, bambini che erano in stato di abbandono oppure abusati dai genitori. (Henderson, 1912, p. 358)

Il principio che regolava il metodo di trattamento era determinato dai tratti che caratterizzavano ogni categoria. Ma perché la procedura si sviluppasse correttamente occorreva uno studio dei singoli individui, che includesse le peculiarità fisiche, mentali e morali nonché i difetti dei minori sottoposti al giudizio delle corti. Ecco allora l’esigenza di ufficiali chiamati a eseguire le decisioni del giudice: i probatìon offìcers.

Charles Richmond Henderson era divenuto un po’ il divulgatore del nuovo sistema anche a livello internazionale, e a questo riferiva un detto scherzoso allora in voga: «Dio non può essere dappertutto, così ha creato le madri. Il giudice non può essere dappertutto, così ha bisogno dei probation officer». Questi dovevano essere scelti per la loro attitudine a comprendere i minori, a simpatizzare con loro e per il possesso di conoscenze particolari nelle scienze sociali e psicologiche.

Aggiungeva C.R. Henderson:

Le donne preparate possono comprendere la natura e i bisogni dell’infanzia meglio degli uomini, Quando organizzano comitati di visitatrici [gli odierni nuclei di servizio sociale] nelle prigioni, negli istituti correzionali, nei quartieri urbani, si sentono rivoltare per le situazioni di cui vengono a conoscenza. Non possono tollerare la trascuratezza, la sporcizia, la brutalità dei funzionari e delle guardie indifferenti. Certamente, negli Stati Uniti sono state le donne che hanno spinto il grande pubblico a questa riforma con le loro visite, i loro studi, le loro osservazioni dei fatti, i loro rapporti. (Ibidem, p. 57)

 

Il Servizio sociale per l’infanzia in pericolo morale

Nel Primo dopoguerra Henri Rollet, con altri difensori dell’infanzia sfortunata e colpevole di reati (giudici, avvocati, giuristi, medici, psicologi), riteneva che si dovesse dotare il Tribunale per bambini e adolescenti del dipartimento della Senna — in effetti, l’unico «vero» tribunale per i minorenni, conforme a quanto previsto dalla legge del 1912 — di un Servizio sociale in grado di realizzare inchieste relative ai minori «difficili o in pericolo morale» a causa della loro situazione familiare. Infatti, i diversi magistrati incaricati della giustizia minorile disponevano solo dei dati puramente fattuali contenuti nei rapporti redatti dagli agenti di polizia. La legge del 1912 aveva già stabilito l’istituzione di «delegati alla libertà sorvegliata» e di «rapporteur» che esaminassero i problemi dei minori e la loro situazione educativa nella prospettiva delle decisioni giudiziarie, ma la guerra e poi le scarse o nulle risorse finanziarie presenti a questo scopo nel bilancio della giustizia avevano lasciato la legge inapplicata.

Per Henri Rollet era indispensabile avvalersi dell’opera di assistenti sociali specializzati nel raccogliere le informazioni richieste dai magistrati minorili. A tale scopo si attivò anche per l’istituzione di una Scuola di Servizio sociale destinata alla formazione degli assistenti sociali délégués à la liberté surveillée.

Una collaborazione importante fu garantita da Chloe Owings, da Marie-Thérèse Vieillot e da Olga Wolfsohn Spitzer. Miss Owings, un’assistente sociale americana, aveva avuto l’idea di studiare il funzionamento della giustizia minorile in Francia. Nella sua tesi di laurea discussa alla Sorbona nel 1923, propose di organizzare un Servizio sociale che servisse da collegamento fra la famiglia, il minore e i magistrati. Il risultato indelebile di questo lavoro di tesi fu la creazione, nel maggio 1923, del Servizio sociale per l’infanzia in pericolo morale, organismo ausiliario del Tribunale per i minorenni. Scopo dell’organizzazione era predisporre un dossier personalizzato per ogni minore che si trovava di fronte ai giudici minorili, al fine di:

  • fornire, attraverso inchieste sulla famiglia, esami medici, psichiatrici e psicologici, tutte le informazioni in grado di illuminare i magistrati sulle caratteristiche dei minori, sul loro passato e sul loro ambiente di vita;
  • individuare misure volte a migliorare lo stato fisico e psicologico di questi minori, come sorveglianza nella famiglia, cambiamenti di ambiente, collocamento in un’istituzione;
  • contribuire alla loro rieducazione e al loro riadattamento, grazie all’influenza personale di un’assistente sociale che li seguisse da vicino, sia in famiglia che altrove.

A Parigi, in base alla legge, i casi in cui i magistrati dovevano occuparsi di minori si verificavano: se avevano commesso un reato e venivano perseguiti giudiziariamente; se venivano segnalati al Procuratore della Repubblica, come vittime di maltrattamenti; se i genitori si dichiaravano incapaci di educarli.

Prima del 1923 le uniche informazioni comunicate ai magistrati erano i rapporti di polizia. Eccezionalmente, soltanto quando il giudice istruttore era colpito dall’atteggiamento anormale di un minore, questo veniva esaminato da uno psichiatra. Il Servizio sociale, invece, procedeva in ogni caso a un’inchiesta approfondita sul minore e la sua famiglia, così come a un esame medico e psichiatrico, e risultava particolarmente importante nel caso di richiesta di «correzione» e di «decadenza» della potestà paterna.

Rollet, modificando completamente lo spirito della vecchia legge — detta della «correzione paterna» — aveva proposto una «consulenza» che rispondesse a concezioni più moderne della protezione dell’infanzia. Quando un genitore veniva a lamentarsi presso il giudice della condotta del figlio, non si interveniva più con un provvedimento detentivo; il magistrato faceva predisporre dall’assistente sociale un’inchiesta sulla situazione familiare, dopo di che dava un parere o prendeva una decisione con cognizione di causa: si trattava di aiutare i genitori e di dirigerli verso le istituzioni specialistiche.

Anche la funzione di dichiarare le «decadenze delle potestà paterne» era di grande importanza, poiché si trattava della protezione dei minori maltrattati. Il magistrato incaricato ricorreva alle assistenti del servizio sociale, che incontravano i genitori, si incaricavano della loro osservazione e, dopo inchieste e consulenze mediche, redigevano uno specifico rapporto.

«Ogni volta che sembrava utile, ci si sforzava non solo di ricordare ai genitori il loro dovere ma anche di aiutarli a adempierlo» affermava Olga Spitzer (1928). L’assistente, sostenuta dall’autorità del magistrato, giungeva a dei buoni risultati, otteneva spesso, con la persuasione, sia un miglior trattamento del bambino, sia la sua collocazione temporanea in campagna o presso un’istituzione, mentre continuava a seguire la famiglia. Se tutto ciò non portava a dei risultati, il magistrato toglieva ai genitori il diritto di custodia ed eventualmente la potestà paterna; era ancora il Servizio sociale a dover vigilare sull’esecuzione di queste misure.

Una misura del successo di questo modo di procedere fu la crescente frequenza di valutazioni psicologiche. Nel 1921, solo due minori su 3.500 erano stati sottoposti a questo tipo di valutazione, mentre nel 1927 si trattava ormai di una routine. Venne creata anche la maison observation, in cui i ragazzi venivano seguiti per diversi mesi, nel contesto di una terapia a lungo termine, facilitando così la probation.

 

Amico dell’infanzia

Nel 1930 Henri Rollet lascia la magistratura per raggiunti limiti di età, ma non è ancora giunto il momento del riposo.

I bisogni impellenti delle istituzioni che sovrintende, aggravati dalla crisi economica del periodo, lo costringono a dare fondo a tutte le sue risorse. È costretto a riprendere la toga destando stupore fra i conoscenti. I suoi interventi sul suo giornale «L’enfant» sono prevalentemente mirati a destare la generosità dei benefattori. È significativo che, reso fragile dall’età e minato da una malattia terminale, nell’autunno del 1934 sia vittima di un incidente della strada causato, almeno in parte, dal fatto che la sua attenzione era distratta dalla fretta di procedere all’incasso di un assegno importante per la vita della sua istituzione. Da questo incidente non si riavrà più e morirà, il 27 dicembre 1934, nella sua modesta abitazione posta in mezzo ai capannoni che ospitavano i dormitori e i laboratori dei ragazzi affidati al suo Patronage, in quella piazzetta del XV Arrondissement di Parigi che oggi porta il suo nome.

L’elogio funebre presentato dall’amico Gastinel, ispettore ministeriale (In memoriam, 1935), sottolineava che Henri Rollet era «dotato della sensibilità e quasi la complicità di un padre disarmato dalla sua tenerezza nei confronti dei poveri bambini abbandonati» e ancora che «la sua figura evocava colui che i parigini di una volta chiamavano “Monsieur Vincent”» ossia S. Vincenzo de Paul. Non era un’esagerazione: alla sua morte tutti i giornali pubblicarono un suo ricordo con grande evidenza, compreso quel «Petit Parisien» che, nel 1907, aveva stroncato la sperimentazione di messa alla prova di Henri Rollet con queste parole: «Mai come oggi i criminali sono stati precoci. E come per una sfida al buon senso, nel momento in cui la mancanza di educazione ha soppresso in loro ogni sanzione morale, ci si mette ad addolcire le misure penali e a togliere l’ultimo timore che restava loro: quello del gendarme».

Un giorno gli era stata inviata dall’America una lettera la cui busta aveva quest’unica dicitura «Egr. Henri Rollet, amico dell’infanzia, Francia». E gli fu recapitata.

 

Bibliografia

Becquemin M. (2003), Protection de l’enfance. L’action de l’association Olga Spitzer, 1923-2003, RamponvilleSaint-Agne, Erès.

Bertrand P (1986), Monsieur Rollet: le dernier des philanthropes, sa vie son œuvre, Paris, CTNERHI. Draussin U. (1910), Défenseur de l’Orphelin, «Foi et Vie», 15 Août 1910, pp. 491-495.

Fadiga L. (2010), Il giudice dei minori, Bologna, Il Mulino.

Gastinel (1935), Protégeons l’enfance In memoriam, «L’enfant», n. 335, Février, p. 3.

Henderson C.R. (1904), Theory andpractice ofjuvenile courts. In Proceedings ofthe National Conference of Charities and Corrections, Portland, pp. 358-369.

Henderson C.R. (1912), Allocution de M. Henderson. In A. Davy (1912), Premier Congrès International des Tribunaux pour Enfants, Paris, pp. 56-60.

Julhiet E. (1906), Les tribunaux pour enfants aux Etats-Unis, Paris, A. Rousseau.

Lemaire E. (1996), Henri Rollet (1860-1934) et le patronage de l’enfance, «Bulletin de la Société historique et archéologique du XVe arrondissement de Paris», n. 7, pp. 34-38.

Rollet H. e Tomel G. (1891), Les enfants en prison. Etudes anecdotiques sur l’enfance criminelle, Paris, Librairie Plon.

Spitzer O. (1928), Le Service Social de l’Enfance en danger moral et le Tribunal pour enfants, «Foi et Vie», n. 8, pp. 492-506.

Talbert G. (1935), Après comme avant, «L’enfant», n. 335, Février, pp. 5-7.

Vanstone M. (2008), The international origins and initial development of probation, «British Journal of Criminology», n. 48, pp. 735-755.

 

Note:

  1. Il giornalista era Alexis Danan (1890-1979). Impegnato sul piano sociale in modo particolare a favore dell’infanzia maltrattata, ha contribuito alla chiusura dei «bagni penali» per i minori (http://www.enfancemajuscule.com).
  2. Jules Simon (1818-1896), filosofo e politico francese, nel 1867 pubblicò L’ouvrier de huit ans, un’opera in cui denunciava le derive del lavoro dei bambini che provocò un’alzata di scudi nella borghesia francese. Nel 1887 contribuì a fondare l’Union française pour le Sauvetage de l’Enfance, una delle prime associazioni laiche a porre il problema del bambino maltrattato all’interno della famiglia.
  3. René Bérenger (1830-1915), magistrato e politico francese, infaticabile difensore della causa dell’infanzia, svolse un ruolo di primo piano nell’elaborazione di numerose leggi riguardanti i minori, in modo particolare quella del 19 aprile 1898.
  4. Edouard Hubert Julhiet (1870-1931), ingegnere minerario figlio di un alto magistrato, si dedicò alla causa dell’infanzia assieme a Henri Rollet: vicepresidente del Patronage, curò la rubrica sui Tribunali per i minori nella sua rivista «L’enfant». Nel 1906 la sua relazione al Musée Social, riguardante una sua ricerca sulla giustizia minorile negli USA, fu veramente determinante per lo sviluppo di un analogo movimento in Francia.
  5. Benjamin Barr Lindsey (1869-1943), originario di una famiglia modesta del Tennessee, trovò lavoro nel Colorado, dove, lavorando proseguì negli studi di giurisprudenza, nominato giudice supplente, nel 1901 riuscì a far approvare una legge sulla giustizia minorile. Eletto giudice in questa corte fu propagandista del tribunale per i minori e della tutela del lavoro minorile. Impegnato nel partito progressivo fu propugnatore di molte riforme sociali. Sulla sua esperienza di giudice minorile furono girati due film.
  6. Chloe Owings (1883-1967), originaria dell’Illinois, dopo il diploma in social worklavorò per la COS di New York, quindi dal 1916 al 1919 fu attiva all’interno della Croce Rossa in Francia. Nel 1923 si laureò alla Sorbona, con una tesi sui Tribunali per i Minorenni (relatore il sociologo del diritto, allievo di Durkheim, Paul Fauconnet 1874-1938), che fu alla base dello sviluppo del relativo Servizio sociale in quel Paese. Ritornata negli Stati Uniti, lavorò per l’American Social Hygiene Association. Durante la Depressione fu assistente di direzione nella Divisione per il lavoro femminile della Federal Emergency Relief Administration (FERA). In seguito si dedicò all’insegnamento del lavoro sociale e — dopo il pensionamento, avvenuto nel 1952 — in California, si impegnò in attività di volontariato nell’ambito dello scautismo. Il contributo della Owings al sistema giudiziario minorile francese fu riconosciuto dalla sua nomina a cavaliere della Legion d’onore.
  7. Marie-Thérèse Vieillot (1888-1985), diplomata all’École Pratique de Service Social del Pastore Doumergue, completò la sua formazione sociale negli Stati Uniti dove nel 1920-21 si specializzò nel casework. Ritornata in Francia, diresse il SSDEM dal 1923 al 1929.
  8. Olga Wolfsohn Spitzer (1882-1971), di nazionalità francese, è la moglie del banchiere austriaco Arthur Spitzer. Ha legato il suo nome all’iniziativa del SSDEM e ai minori in difficoltà. L’associazione che oggigiorno porta il suo nome ricorda giustamente non solo l’importante mecenatismo ma anche l’intelligente impegno organizzativo e amministrativo da lei profuso perché il lavoro di rieducazione dei minori potesse realizzarsi

 

Fonte: La rivista del lavoro siciale, Vol. 10, n. 4 dicembre 2010 (pp. 435-443)

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